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Lecce - 22 Dic 2024

Arte Francescana, i “tesori” della Pinacoteca di Fulgenzio

Fra le quasi 300 opere, spiccano le tele dello Spagnoletto e dei salentini Elmo, Tiso, Lenti e Strafella. Nel percorso espositivo, anche le sezioni dedicate alle statue di cartapesta ed ai pittori contemporanei


Spazio Aperto Salento

Le tele d’autore ignoto dell’Eterno Padre benedicente e degli Arcangeli Michele e Raffaele, introducono a Lecce, dopo la scalata di diciannove gradini, nella Pinacoteca d’Arte Francescana della cinquecentesca Villa Fulgenzio della Monica, attigua alla chiesa di Sant’Antonio da Padova dei Frati Minori Francescani. Se per l’arte antica, quella di Assisi è la più grande d’Europa, la leccese, intitolata a fra’ Roberto Caracciolo, fatto vescovo da Papa Sisto V nel 1475, è fra le più importanti per l’Arte Francescana moderna.

SCRIGNO DI TESORI

La tela attribuita allo Spagnoletto (© T.B.)

Al suo interno sono ben 295 opere, debitamente illustrate e commentate in un elegante Catalogo, dall’introduzione di fra’ Paolo Quaranta, ministro provinciale dei Frati Minori, dalla prefazione dell’ideatore e responsabile di “Luoghi dell’infinito”, nonché presidente della “Fondazione Crocevia”, Giovanni Gazzaneo, e dalle altre ed accurate informazioni dell’operatore e progettista culturale, Elvino Politi. Fra tutte – e non solo per la notorietà del suo presunto autore – spicca il San Girolamo del XVI secolo (75×65 centimetri), proveniente dal convento di Santa Maria delle Grazie di Soleto, da più di un esperto attribuita nientemeno che a Jusepe de Ribera, detto Spagnoletto (Xàtiva 1591, Napoli 1652), il pittore iberico seguace del Caravaggismo napoletano, che per la cruda ed esasperata rappresentazione della realtà, sfociò nel cosiddetto Tenebrismo.

L’ingresso della Pinacoteca (© T.B.)

Prima d’immergerci nella spirituale ed artistica bellezza delle sale fulcro della Pinacoteca, al termine di una seconda rampa di scale, s’incrocia la Galleria delle Statue di cartapesta e legno, in testa un ben riuscito Sant’Oronzo del maestro leccese Giuseppe Malecore (1876-1947). Sono in tutto sessanta piccoli capolavori, frutto della dedizione e dell’ingegno dei valenti artigiani di Terra d’Otranto, ai quali se ne affiancano altri riposti in nicchie e teche in vetro, più nove Crocifissi abilmente intarsiati.

La galleria delle statue di cartapesta e legno (© T.B.)     

IL PERCORSO ESPOSITIVO

Ad altezza naturale, una seconda statua in cartapesta del patrono di Lecce, dal suo ignoto artefice del XIX secolo nominata Sant’Oronzo in Gloria, fa da invito, assieme ai due angioli posizionati ai piedi, al ricco percorso dell’arte francescana. Che ha inizio con la grande tela, anch’essa di autore ignoto, raffigurante Davide e Betsabe, e prosegue, nel settore detto “Accoglienza”, con alcune scene dell’Antico Testamento: oltre alle già citate Eterno Padre tratto da Santa Maria degli Angeli di Casarano, e degli Arcangeli Michele e Raffaele, come queste datate XVII-XVIII secolo, raffigurano San Raffaele, Compianto sul corpo di Abele, Giuditta ed Oloferne, ed un secondo Eterno Padre, proveniente invece dal convento di San Francesco di Castellaneta.

Sant’Oronzo in gloria con gli angeli (© T.B.)

Nella Sala dell’Incarnazione, dedicata al Mistero di Cristo, le tele sono 22, due delle quali di grandi dimensioni: Natività di Gesù (230×330) del XVII secolo, e Circoncisione di Gesù (225×335) del XVIII, trasferite da Lequile dal convento di San Francesco. Nella stanza attigua, dedicata alla Vergine, fra i 19 dipinti, brilla una Immacolata del 1769 realizzata dal pittore leccese Serafino Elmo (1696-1777), una Presentazione di Gesù al Tempio di fra’ Giuseppe da Gravina di Puglia, ed una pregevole Madonna della Rosa del 1648 di fra’ Giacomo da San Vito.

Divisa in due parti da un pannello con sei tele da una parte e cinque dall’altra, fra cui due “tondi” con San Leonardo e San Pacifico di autori ignoti del XVIII secolo, la Sala Francescana è la più grande della Pinacoteca leccese. Introdotte da una scultura di San Luigi, opera del fornitore pontificio Salvatore Sacquegna (1877-1964), sulle pareti colorate di rosso, albergano 29 dipinti. Di essi ci piace ricordare i San Pasquale Baylon dei pittori salentini Oronzo Tiso (1729-1800) e Marianna Elmo (1730, incerta), la talentuosa figlia di Serafino, che fu anche raffinata ricamatrice, e soprattutto i Santi Pasquale e Pietro d’Alcantara del prolifico napoletano Luca Giordano (1634-1705), detto “Luca fa’ presto” per la rapidità con cui ha dipinto gli oltre mille suoi capolavori.

Oltre al già citato San Girolamo dello Spagnoletto, il lungo corridoio della Galleria della Santità, regala al visitatore altri 32 quadri, fra cui un Crocifisso di tre metri per due del XVII secolo,  dipinto da fra’ Giacomo da san Vito dei Normanni, proveniente dal Convento di San Francesco di Lequile, una serafica Santa Maria Egiziaca del XVII secolo del gallipolino Michele Lenti (1743-1831), proveniente dal Convento di Santa Caterina d’Alessandria di Galatina, ed un pregevole olio del pittore manierista di Copertino,  Gianserio Strafella (1520-1573), raffigurante i Santi Filippo e Giacomo.

IL CROCIFISSO ANATOMICO

Nella Cappella, l’ambiente in cui sono custoditi arredi ed oggetti sacri, l’occhio si posa su otto oli su tavola, di cui quattro raffiguranti rispettivamente San Giovanni, la Vergine, San Vito e Cristo incorniciati da motivi floreali, due eleganti ricami, un paliotto in seta ed oro del XVIII secolo, la tavola lunga un metro con la scena di Adamo ed Eva assieme a Giuditta ed Oloferne, ma soprattutto, su di un raro Crocifisso Anatomico (Ecce Homo Anatomicus). Di scuola napoletana, realizzato nel Settecento in ceroplastica da un ignoto autore, è alto 40 centimetri, ed oltre agli apparati ossei quali costole e sterno, presenta tutti gli organi interni, che celati da uno sportellino andato purtroppo perso, potevano essere visionati a scopi scientifici. La sua visione aveva tuttavia anche un significato allegorico: rappresentava infatti l’umanità del Redentore, ed alla luce della nudità, il concetto della Divina Misericordia. Questo, conservato nella Pinacoteca di Fulgenzio, è uno dei soli sei musealizzati esistenti in Italia, il secondo in Puglia, giacché un altro è conservato nel Museo Diocesano di Brindisi-Ostuni, mentre in ambito privato, se ne contano meno di venti.

LE SALE PANTALONI

Nell’importante Pinacoteca, due Sale sono dedicate a fra’ Raffaello Pantaloni, il pittore francescano che nella prima metà del Novecento, dipinse l’interno dell’attigua chiesa di Sant’Antonio. Dell’artista nativo di Santa Fiore in provincia di Grosseto e diplomato all’Accademia di Belle Arti di Siena, sono esposti i cartoni preparatori a matita e sanguigna, tempera, pastello, olio, inchiostro, china e carboncino, ma anche in cuoio, delle opere poi realizzate. Gli spazi in bianco visibili nel luogo di culto, lascerebbero credere che l’artista non riuscì a completare l’intera opera di affresco. Ma a considerare la narrazione religiosa, che si chiude con i quattro Evangelisti, così probabilmente non è. Come che sia, è comunque da rilevare, che spentosi a Lecce e seppellito nella Cappella dei frati, a lui, che a Fulgenzio visse per molti anni e lavorò pure a Monteroni (chiese Assunta e Madre) ed a Novoli, Matino e Cannole, non è stata ancora intitolata una strada e neppure realizzata una statua.

I “Fioretti di San Francesco” di Ezechiele Leandro (© T.B.)

Nella Pinacoteca Francescana “Caracciolo”, una terza Sala reca ancora il suo nome, con l’aggiunta di quello dell’artista primitivo di San Cesario di Lecce, Ezechiele Leandro, del quale si possono ammirare dodici originalissime tele sul tema “I fioretti di San Francesco”, più alcune sculture. Del prolifico frate, sono inoltre conservati numerosi oli, nonché i pastelli di gusto orientale, soprattutto scorci di paesaggi e figure umane, realizzati in Marocco fra il 1940 ed il 1948.

Resta da aggiungere, prima di completare l’imperdibile ed affascinante tour, che nella ricca e preziosa Pinacoteca, una Sezione nominata “Collezione Della Monica”, è pure dedicata all’Arte Moderna. Fra gli altri, in essa sono un pastello (“Casa rurale”) del leccese Stanislao Sidoti; un pastello (“Marina”) di Giuseppe Casciaro di Ortelle, ed una tempera (“Le Murge”) di Francesco Romano di Gioia del Colle.

Toti Bellone
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Foto in alto: al centro della Cappella il raro Crocifisso Anatomico (© T.B.). Sotto: nelle Sale una sequenza di pregevoli tele (© T.B.)