L’ambientalista Rinaldo Innocente fa il punto sulla questione. Una sentenza del Tar Lecce del 2019 chiarisce a chi compete l’onere della raccolta del materiale abbandonato illecitamente
Uno dei fenomeni più pericolosi e ricorrenti della nostra epoca è l’abbandono indiscriminato di rifiuti lungo le strade, nelle aiuole cittadine, nelle campagne e in tantissimi altri posti, i più disparati. Un gesto di inciviltà e di indifferenza, ma anche di grande ignoranza, tenuto conto delle gravissime conseguenze, negative per l’umanità, sotto il profilo economico, sociale e ambientale. Dal momento che è di moda indicare i fenomeni sociali ed economici attingendo dalla lingua inglese, anche in questo caso l’attitudine sopra indicata non è sfuggita ad una definizione anglicistica. Infatti, per “littering” si intende il degrado di piazze, strade, parchi ( da estendere anche a campagne, spiagge ed altri spazi pubblici), in virtù dell’abbandono indisciplinato di rifiuti personali, domestici, scarti artigianali e persino industriali.
Il fenomeno è piuttosto diffuso, senza distinzione tra il Nord e il Sud d’Italia. Un gesto, quello di abbandonare rifiuti, che spesso passa inosservato perché effettuato di nascosto e in maniera dissimulata. Gli autori sono poco propensi a parlarne e ad ammettere di tenere dei comportamenti sbagliati (tipico è il gesto di gettare i mozziconi per terra, oppure gli scontrini dei supermercati). Ma quali sono le conseguenze del littering? Le più importanti sono: per la salute dell’uomo; per l’ambiente; di natura economica.
Le prime due sono facilmente intuibili e individuabili. Ad esempio l’inquinamento provocato dagli oggetti in plastica abbandonati , i quali producono le cosiddette microplatiche che vengono disperse in ogni parte del mondo attraverso la cosiddetta “colonna dell’acqua”. In questo caso, l’acqua potabile e l’aria che respiriamo diventano elementi pericolosi per la salute dell’uomo e per gli animali. Per non parlare del pericolo di procurarsi ferite, a volte anche gravi, causate dai vetri delle bottiglie rotte oppure dalle lattine in alluminio delle bibite, abbandonate quasi sempre nell’erba alta dei parchi e delle aiuole comunali, strutture frequentate di solito da genitori, bambini e animali domestici. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha stimato che nel mondo 1 caso di morte su 4 è attribuibile a fattori ambientali che contribuiscono alla diffusione di malattie con effetti nettamente superiori sui bambini e sugli anziani. Basterebbe riflettere un istante su questi dati per farci ragionare prima di disperdere nell’ambiente i vari oggetti non più utili per i nostri scopi come, ad esempio, le batterie delle auto esauste, oppure gli pneumatici usurati o, peggio ancora, gli scarichi di materiale in fibrocemento Eternit.
Per quanto riguarda, invece, le conseguenze economiche di tale dissoluta condotta, sono davvero molto onerose; il littering, infatti, costa molti soldi alla collettività. Per spiegare meglio questa affermazione, risulta interessante guardare ai dati della Svizzera, un paese notoriamente “pulito”, la cui condotta dei propri cittadini viene da sempre indicata come un esempio di civiltà. Invece, i lavori per la pulizia dei rifiuti abbandonati costano, ogni anno, circa 200 milioni di franchi (dati forniti da IGSU – Gruppo di interesse ambientale pulito), di cui il 75% sono per il ripristino degli spazi pubblici nelle città e nei comuni. Accanto a queste spese bisogna aggiungere le somme utilizzate per la prevenzione e le campagne di sensibilizzazione.
In Italia, invece, si stima che, per avere un paese pulito, i costi diretti vanno da 1,2 a 2,3 miliardi di euro, cosi come indicato da Giorgio Ghiringhelli di Ars Ambiente, noto imprenditore, consulente ambientale per la gestione integrata dei rifiuti e profondo conoscitore della materia.
Oltretutto, nei rifiuti abbandonati vengono di solito rilevate notevoli quantità di materie prime che vengono disperse e, quindi, non riutilizzate per il riciclo, aspetto fondamentale per la realizzazione dell’economia circolare rispetto a quella lineare prevalente sino a pochi anni fa.
Per concludere il mio ragionamento, può essere interessante a questo punto attingere dalla giurisprudenza corrente per capire meglio chi sono i soggetti, pubblici e privati, che devono concorrere alla pulizia dei siti pubblici degradati da tale malsana attività.
Insomma, in capo a chi spetta l’onere della raccolta, dello stoccaggio e del ripristino secondo la giurisprudenza prevalente? Per cercare di sbrogliare la matassa delle responsabilità ci viene incontro l’articolo 192 del D.Lgs 152 del 3 aprile 2006, che stabilisce quanto segue: “È vietato abbandonare rifiuti sul suolo e nel suolo in maniera incontrollata. Inoltre, è vietata l’immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee”.
Questo vuol dire che, nel momento in cui vengono individuati i colpevoli, gli autori sono tenuti alla rimozione dei rifiuti e al ripristino dei luoghi, in solido con il proprietario dell’area. Inoltre, la semplice inerzia del proprietario di un terreno o di una strada alla rimozione e al ripristino, non basta a identificare tale atteggiamento come condotta illecita (Corte di Cassazione, sez. III penale, sentenza 13606 del 28 marzo 2019). Fin qui “nulla quaestio”. Il problema, tuttavia, si pone quando, invece, gli autori del misfatto sono sconosciuti o non individuabili o non individuati.
Una recente sentenza emessa dal Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, si è espressa proprio in relazione all’ipotesi di abbandono di rifiuti, sulle strade e sulle loro pertinenze, ad opera di persone sconosciute o non individuate.
Ebbene, il TAR per la Puglia (Sezione staccata di Lecce, sentenza 351 del 1 marzo 2019), utilizzando l’articolo 14 di un’altra norma, ossia del D.Lgs 285/92, il quale “impone agli enti proprietari delle strade, allo scopo di garantire la sicurezza e la fluidità della circolazione, di provvedere alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo, nonché delle attrezzature, degli impianti e dei servizi, precisando, inoltre, che per le strade in concessione, i poteri e i compiti dell’ente proprietario della strada sono esercitate anche dal concessionario e che, per le strade vicinali, i poteri dell’ente proprietario sono esercitati dal Comune”, individua in maniera più precisa e diretta i soggetti obbligati allo svolgimento dei lavori di raccolta dei rifiuti e di ripristino decoroso dei luoghi in questione. In pratica, i Comuni, le Province e gli enti gestori di strade pubbliche e private, sono i responsabili ultimi dei lavori di raccolta e di ripristino.
Secondo i giudici (finalmente aggiungo io) queste norme permettono di garantire l’interesse pubblico di salvaguardia dell’ambiente, oltre che della salute dei cittadini, garantendo l’imputabilità, a titolo di colpa, dello stato di degrado degli ambienti in esame. Habemus Papam.
Rinaldo Innocente
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Foto in alto: Salice, rifiuti abbandonati lungo una strada comunale di campagna
Salice, aiuole di via Piemonte, rifiuti e resti di fuochi d’artificio