“Viaggio” fra le opere esposte dai 44 artisti salentini partecipanti
A cosa serve un’esposizione d’arte contemporanea? Cercare di dare una risposta a questa domanda non è semplice. Indubbiamente, però, è da considerare una circostanza attraverso cui l’opera d’arte raggiunge il pubblico e nondimeno si pone come manifestazione della produzione creativa del suo tempo nel tentativo di proporre valori estetici. In un sistema complesso come quello dell’arte contemporanea non è facile affermarsi e far conoscere i propri lavori nel confronto tra linguaggi, materiali, contenuti e così via. Tanto in mostre personali, tanto in rassegne periodiche (biennali, triennali, quadriennali), quest’ultime mai semplici da organizzare con adeguate motivazioni e risorse; ed ancor più ostico è renderle durevoli. Come hanno ricordato Tomaso Montanari e Vincenzo Trione nel volumetto Contro le mostre (Einaudi, 2017), i tempi recenti sono stati segnati da un abuso del termine biennalizzazione, ma quando una mostra d’arte assume carattere storicizzato giungendo alla sua sesta edizione, non si tratta più di un tentativo episodico, ma di una rassegna che con costanza cerca di crescere e confermarsi di biennio in biennio alla ricerca di una propria identità che non si limita all’ubicazione geografica, ma ambisce a connotarsi sotto il profilo culturale e nel contempo rimarcando l’appartenenza al territorio.
Queste brevi considerazioni potrebbero attagliarsi a Syncronicart – la biennale nel Salento, nata su proposta di Raffaele Gemma in collaborazione con l’Associazione culturale di promozione sociale “Progetto-Artec Territorio, Evoluzione, Cultura” che lui stesso presiede, che rinnova puntualmente dopo due anni l’appuntamento, in questa edizione con una mostra diffusa in tre sedi nel centro storico della città di Galatina. In particolare in due siti già segnati dalla storia: il convento dei frati minori di Santa Caterina – accanto alla straordinaria omonima chiesa orsiniana – e il vicino Palazzo Orsini; luoghi che qualcuno potrebbe considerare non adatti: se si pensa alla già densa raffigurazione murale con le storie di San Francesco presente lungo le pareti del chiostro, che rischiano, con l’esposizione attuale, di creare un accumulo visivo che spesso si coglie nelle mostre d’arte contemporanea, vocate al crossover e in cui si cerca un forzato dialogo tra passato e presente privo di una concreta relazione. Per questo è utile menzionare altre direzioni intraprese in tal senso in favore invece di un itinerario espositivo fondato sulla diversità, tra ciò che è stato e ciò che è, per restituire il giusto interesse ai luoghi storici e trovare nella differenza, attraverso il “tra”, derivato dal pensatore François Jullien, nuove espressioni estetiche.
Quest’anno sono 44 gli artisti coinvolti nell’iniziativa, un numero maggiore rispetto a quello delle edizioni precedenti svoltesi a Martano (2012, 2014, 2016), Nociglia (2018) e Cutrofiano (2021, biennale differita di un anno a causa della pandemia). Per Raffaele Gemma, i valori su cui si fonda Syncronicart sono ispirati al concetto di tempo di modello bergsoniano: un tempo non scandito da limiti strutturali, ma fluido, capace di comprimersi e dilatarsi nelle esperienze dell’individuo. Sulla base di queste premesse, la biennale nel Salento unisce artisti di diverse generazioni, alcuni scomparsi, provenienti da luoghi diversi – Syncronicart ha avuto sempre tra i suoi obiettivi quelli di promuovere e valorizzare artisti del territorio, la maggior parte infatti sono di origine salentina ma si contano anche partecipazioni fuori regione – che si esprimono con linguaggi vari e si fanno testimoni del presente artistico. La sezione principale e più ampia è quella che ha luogo nell’antico chiostro del convento dei frati minori di Santa Caterina e presso l’Art Lab second light poco distante, che si intitola Genius Loci. Realtà artistico-visuali a cavallo del III millennio con opere selezionate da Gemma.
L’artista contemporaneo diventa il genius del luogo in cui va ad inserire il suo lavoro, per questo, nel caso del chiostro sono state preferite opere plastiche da collocare nello spazio e con cui il pubblico può, in un percorso personale, venire a contatto e fruirne. Non agevole, in questa sede, non sciorinare la mera elencazione di autori e opere; ma, pur tenendo conto di non poter approfondire adeguatamente su ogni elaborato, qualche misurata nota può dispensarsi. Stefania Bolognese installa sul pavimento del chiostro sfere musive che si riflettono sugli specchi su cui sono posate; al centro, sul pozzo, è posizionata l’opera di Salvatore Sava sempre attento al tema ambientale, che propone un albero dai frutti gialli e, per restare in tema, poco distante è presente anche l’ulivo in ferro battuto e vernice realizzato da Luca Palma; mentre, Salvatore Rizzello utilizza il legno di eucalipto per il suo Colloquio romanico in cui pone due steli, uno di fronte all’altro, intagliati con incisioni parallele. Di Gino Congedo è presente un’opera del 1975 in cui già rifletteva sul cambiamento che avrebbe imposto l’avvento della tecnologia portando al mutamento fisico e meccanico degli umani; un tema affrontato anche da Mario Tarantino nella sua scultura Is that a paradox? – Aberrazione digitale, in cui il volto umano è sostituito da un telefono.
Tanti sono i materiali utilizzati dagli artisti: in bronzo sono le opere di Armando Marrocco dedicate al tema floreale; Antonio Paradiso utilizza un blocco d’acciaio per ricavare l’immagine minimale di un uccello; Stefano Giovanni Garrisi e Claudio Rizzo si servono della pietra leccese mentre Antonio Giaccari dedica alla sua terra un’opera polimaterica intitolata Salento. Giovanni Gravante espone le sue Deformazioni plastiche 2 ottenute mediante la modificazione a caldo di materiali di riuso, tubi in pcv in questo caso, a cui attribuisce significato estetico; anche Tonia Romano riprende una vecchia ruota di ferro per il suo Il pianto silente, mentre, ragni tessono la tela di nylon nell’opera Dinamica animale – Ragni di Giovanni Carpignano. Sono esposte in questa sede anche le opere Solitudine di Franco Cudazzo e quella di Gaetano Minafra, Omaggio alla ruota primitiva. Marco Mariano, invece, presenta per l’occasione una struttura costituita da cubi sovrapposti: nel più alto, su una trave si posano colombe di pace – menzionate anche nel titolo – e al di sotto una campana con incisa la frase: «pax et bonum».
Questa sezione prosegue nel più moderno spazio dell’Art lab second light, centro culturale fondato da Corrado Marra, che qui anche espone un cavallo in cartapesta appeso al soffitto e si impone nello spazio di ingresso di questa sede. Si ricorda il galatinese Giovanni Valentini con la testimonianza della sua opera, De natura organica cyborg 4000 d.C., legata alle indagini dell’artista sul rapporto tra arte e scienza. Sono presenti, inoltre, i lavori pittorici dello scomparso Tonino Caputo con le consuete architetture, le stesure liriche di Franco Contini e ancora quelli di Antonio Luceri, Salvatore Masciullo, Maria Luce Musca, Marcello Toma, Giuseppe Ruscigno; il lavoro in bitume di Andrea De Simeis e l’opera monocroma con rilievi geometrici di Roberta Fracella. Infine, è qui presente anche l’installazione di Ferdinando Martinelli, Simulacro, che propone una sorta di altare per ragionare sul concetto di transitorietà delle cose. In continuità con la traccia tematica scelta da Gemma, ma tra gli spazi di Palazzo Orsini, è esposta anche l’opera di Uccio Biondi, Profumo di miccia e il corpo s’infesta, opera pitto-scultorea affiancata da un video.
Novità di quest’anno è la scelta di proporre nella manifestazione una sezione dedicata ad uno specifico tema, un auspicio avanzato già nelle precedenti edizioni e che quest’anno si è concretizzato nell’esposizione che ha luogo nella sede di Palazzo Orsini, ordinata da Massimo Guastella. «Inesauribile cosa è la libertà dell’uomo», è la frase, tratta dal racconto di Italo Calvino, La gallina di reparto del 1958, che fa da fil rouge alle opere esposte nell’ex sede del Municipio del Comune di Galatina; tra queste, alcune scelte dagli autori nella loro produzione precedente, altre appositamente create, come quella dell’artista Francesca Speranza, The hen, letteralmente ispirata al racconto calviniano e realizzata mediante la composizione di frammenti fotografici per creare l’immagine di una gallina, o quella di Dario Tarantino in cui la gallina o meglio un gallo pesa sul petto di una giovane.
La libertà, una materia tematica che potrebbe apparire quasi banale, un concetto tanto semplice quanto complesso ma che, come questi tempi insegnano, è bene prezioso e non scontato nella società e nel mondo in cui viviamo; chi ha il privilegio di essere libero deve ribadire quanto importante sia il valore di tale condizione. Quindi, cosa se non l’arte e chi se non gli artisti, nella loro assoluta libertà, possono farsi carico di un messaggio così importante? Un concetto trasversale espresso in questa sede dai quattordici partecipanti, in numero volutamente equo tra uomini e donne. Per Alessandra Abbruzzese la libertà è Un battito d’ali, un viaggio, un’illusione, un sogno, come suggerisce il titolo della sua opera, dove questo concetto è rappresentato da una libellula di cui si individuano solo i contorni. La libertà è compromessa nei Limiti di Andrea Buttazzo; mentre è come un parco giochi nel progetto Study of playground di Cristina Cary della serie Luna Park. Profonda è la riflessione sul tema di Bepi De Finis, con un elaborato plastico-verbale, e nel trittico di Antonio Galluzzi, più figurativa quella di Angioletta de Nitto, ironica quella di Fabrizio Fontana che propone un’opera realizzata durante la forzata chiusura in casa all’epoca del lockdown per la pandemia Covid. I paesaggi sono i soggetti di Cesi Piscopo e Concetta Resta; diversamente, Gino De Rinaldis ricerca la libertà dalla finestra, La finestra di Pessoa, come rammenta il titolo, realizzata mediante i procedimenti della detessitura e dell’essudazione. Noel Gazzano è protagonista di una video-performance, proiettata in una sala di Palazzo Orsini, in cui l’artista si fa interprete della condizione femminile nella società prendendo spunto dalla sua storia familiare, alla ricerca costante della propria libertà, spesso limitata anche nei rapporti di coppia come ricordano le serigrafie di Angelica Dragone.
E allora per tornare alla domanda iniziale, a cosa serve un’esposizione d’arte contemporanea? Forse – ma saranno, come sempre il pubblico e gli addetti ai lavori a sancirne la valenza – in questo caso varrebbe la pena osservare che contribuisce a dare opportunità agli artisti invitati consentendo loro di esporre gli esiti della propria creatività e di farsi conoscere unitamente alla messa in valore di un patrimonio storico-architettonico di grande ricchezza del territorio salentino.
Syncronicart 6 sarà visitabile a Galatina fino al 23 gennaio: Chiostro dei frati minori della Basilica di Santa Caterina d’Alessandria ore 8,30-12,30/15,30-17,30; Palazzo Orsini ore 10-12,30/19,30-21,30; Art lab second light ore 10-12,30/19,30-21,30.
Erika Presicce
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Foto in alto: Inaugurazione mostra 23 dicembre 2023
Sezione Genius Loci. Realtà artistico-visuali a cavallo del III millennio, Chiostro frati minori
Sezione Inesauribile cosa è la libertà dell’uomo, Palazzo Orsini
Sezione Inesauribile cosa è la libertà dell’uomo, Palazzo Orsini
Sezione Genius Loci. Realtà artistico-visuali a cavallo del III millennio, Art lab second light