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Rubrica - 29 Set 2024

“All’ombra del bonsai” 1

Rubrica a cura di don Carmine Canoci


Spazio Aperto Salento

PREMESSA

L’amico Rosario Faggiano,  direttore di Spazio Aperto Salento, da quando si è conclusa l’esperienza di “Pit stop” (settembre 2022), ha sempre insistito che la si continuasse perché, a parer suo e non solo (ipse dixit), si era rivelata una valida iniziativa.

Siccome non si è mai stati (per indole) disposti a riproporre cammini già percorsi, si è andati in cerca di qualcosa di diverso. Nella rubrica “Pit stop” lo faceva da padrone il testo sacro domenicale per poi ricavarne le conseguenze nella vita pratica personale e comunitaria; per una nuova iniziativa dove trovare o come creare “un qualcosa di diverso?”.

In questo pensare ha fatto spicco un’idea vestita di semplicità, di brevità e pronta all’uso. Una citazione di vari autori, di breve durata dove l’attenzione e la mente è ben servita, con nota conclusiva per la pubblica e personale utilità.

Titolo e icona è consequenziale: “All’ombra del bonsai”. Il “bonsai” è  un albero in miniatura mantenuto volutamente piccolo che riproduce in tutto e per tutto l’originale. Proprio lo scopo di questa rubrica: trasmettere importanti e universali valori con semplicità e immediatezza.

Buona lettura!

 


Ogni giorno, un contadino portava l’acqua dalla sorgente al villaggio in due grosse anfore che legava sulla groppa dell’asino, che gli trotterellava accanto.

Una delle anfore, vecchia e piena di fessure, durante il viaggio, perdeva acqua.

L’altra, nuova e perfetta, conservava tutto il contenuto senza perderne neppure una goccia.

L’anfora vecchia e screpolata si sentiva umiliata e inutile, tanto più che l’anfora nuova non perdeva l’occasione di far notare la sua perfezione: «Non perdo neanche una stilla d’acqua, io».

Un mattino, la vecchia anfora si confidò con il padrone: «Lo sai, sono cosciente dei miei limiti. Sprechi tempo, fatica e soldi per colpa mia. Quando arriviamo al villaggio io sono mezza vuota. Perdona la mia debolezza e le mie ferite».

Il giorno dopo, durante il viaggio, il padrone si rivolse all’anfora screpolata e le disse: «Guarda il bordo della strada».

«È bellissimo, pieno di fiori».

«Solo grazie a te›› disse il padrone. «Sei tu che ogni giorno innaffi il bordo della strada. Ho comprato un pacchetto di semi di fiori e li ho seminati lungo la strada, e senza saperlo e senza volerlo, tu li innaffi ogni giorno».

Bruno Ferrero
(da “La vita è tutto quello che abbiamo”, Editrice Elledici, 2002)

 

*   *   *   *   *

 

Chi di noi non è pieno di screpolature e di ferite, l’umanità intera non ne è esente. Un mondo dove la miseria dell’uno è sufficiente a scatenare la bramosia dell’altro, dove il desco familiare che una volta aveva sempre una sedia in più è diventato un campo di guerra.

Sembra veramente la fine del mondo!

Ma non è così. Il vestito scucito può essere recuperato se si rafforza la cucitura. Diamo fiducia a chi, Uomo e Dio, sa trasformare l’imperfezione in perfezione.

don carmine canoci