Mimino Perrone, il regista della Compagnia teatrale salicese, racconta il percorso artistico del gruppo di attori locali che, negli anni, ha conquistato il consenso e l’apprezzamento del pubblico di molte piazze e teatri
Parte prima – Gli esordi
Spesso e da più parti, in giro per il Salento, ci è stato chiesto: «Ma come e quando è nata la compagnia teatrale delle Giàccure stritte?». Ebbene, non abbiamo remore a dirlo: nacque per caso nell’anno di grazia 1991 senza la precisa volontà di costituire un gruppo teatrale, ma solo per puro diletto, giusto per passare una serata in allegria tra amici.
Infatti il 26 dicembre del lontano 1991, eravamo con Anna, Patrizia, Annarita, Fernanda (conosciute in quella occasione) ed altri amici (tra i quali Tonino e Donato), a casa del compianto Totò Scalpello a festeggiare il suo compleanno.
Totò e sua moglie Piera ci invitarono a passare la sera di San Silvestro in loro compagnia per festeggiare l’arrivo del nuovo anno.
Nel concordare tutti insieme i preparativi e stabilire il programma della serata, a Patrizia venne un’idea che, in un primo momento, sembrò a tutti alquanto strampalata: al posto della solita noiosa tombolata organizzare una farsa.
Superate le prime perplessità, l’idea poi ci convinse e si stabilì di preparare una parodia di Giulietta e Romeo di Shakespeare.
Nelle sere successive abbozzammo un canovaccio e assegnammo le parti: Totò nei panni di Romeo, Anna in quelli di Giulietta, Patrizia nel ruolo della vecchia balia, Donato in un non meglio precisato imbianchino, Annarita nel ruolo della presentatrice, la piccola Paola divenne lo spirito guida (la suggeritrice) ed io ad armeggiare con le musiche e la voce fuori campo. Iniziammo le prove tra gaffe e risate e dopo tre giorni eravamo pronti per il debutto.
La serata fu un successone. Le battute del tipo:
Giulietta: Oh Romeo, Romeo, perché ti chiami Romeo?
Romeo: Nah, sta fessa! E comu m’aggiu chiamare: Rafilucciu?!
sicuramente fecero rivoltare nella tomba il Bardo, ma strapparono risate, sghignazzi e applausi al pubblico presente (una cinquantina tra amici e familiari).
E questo fu il nostro esordio.
L’anno successivo (la sera del 31 dicembre 1992), ripetemmo l’esperimento e puntammo sulla parodia dell’opera lirica Cavalleria Rusticana di Mascagni con Totò nei panni di Turiddu, Tonino in quelli di compare Alfio, Patrizia nel ruolo di Santuzza, Anna nella seducente Lola, Annarita che impersonò Mamma Lucia ed io a raccordare il racconto nel ruolo di un cantastorie siciliano.
La novità fu che, in quell’occasione, alternammo prosa e canto lirico (ovviamente in playback) e stravolgemmo il finale: Turiddu accoltellato da Alfio non morì perché, avendo visto il film Per un pugno di dollari, si era protetto l’addome con un vassoio d’acciaio.
Anche quella volta il successo fu enorme con il solito pubblico composto sempre da amici e familiari che si sganasciò dalle risate per le gag improvvisate all’istante e per le romanze eseguite dagli attori quasi sempre fuori sincrono rispetto al playback.
L’opera fu poi replicata nel mese di febbraio in un festino di carnevale con un pubblico diverso e più numeroso ed il successo fu ancora una volta clamoroso.
Anche per il capodanno successivo (31 dicembre 1993) puntammo sulla parodia di un’opera lirica. Totò propose la famosissima Traviata di Verdi ovvero La signora delle Camelie di Dumas che, per l’occasione divenne “La Signora delle Catalogne”. Il Cast si arricchì di nuovi attori, di figuranti e di ballerine nel ruolo delle zingarelle.
Anche in quella occasione Dumas e Verdi sicuramente si rigirarono nella tomba per lo scempio che ne facemmo di quel capolavoro, ma il nostro pubblico si divertì ancora una volta in attesa di sederci a tavola per il cenone.
La svolta, diciamo così teatrale, avvenne l’anno successivo. Per la serata del 31 dicembre 1994, io proposi di preparare una commedia vera e propria: La Furtuna di Raffaele Protopapa. Una commedia farsesca molto in voga in quegli anni.
Il cast era il seguente: Totò nel ruolo di Pati-Cenzi, Anna nel ruolo della moglie Tora, il giovanissimo Mario impersonò il figlio Requenzinu, io in quello del cugino Leopoldo, Patrizia e Tonino nei panni dei chiangimuerti e la piccola Paola che ci faceva da suggeritrice.
Le prove durarono un mese circa. Eravamo gasati come non mai perché per la prima volta recitavamo una commedia vera e propria della durata di un’ora e mezza.
La location era sempre il salone di casa Scalpello ed il pubblico era composto dai soliti amici e familiari. Anche quella volta il successo fu enorme, le risate e gli applausi questa in circostanza furono sinceri e non dovuti agli strafalcioni più o meno involontari come nelle parodie degli anni precedenti.
Totò fu strepitoso, Anna molto professionale, Mario superlativo, io feci la mia parte, Tonino e Patrizia strapparono risate e applausi a non finire.
Quella sera ci rendemmo conto che, studiando e impegnandoci di più, potevamo veramente diventare una compagnia teatrale. Dovevamo però dare un nome al nascente gruppo stabile. Fu Totò Scalpello a proporre di chiamarci “Giàccure stritte”, giusto per richiamare in modo molto autoironico l’antico soprannome che gli abitanti dei paesi vicini davano ai salicesi perché ritenuti molto avari.
Qualche mese dopo la commedia ebbe poi una replica per la festa degli anziani grazie all’invito dell’allora assessore ai Servizi sociali e negli anni successivi altre repliche nei paesi vicini sempre con grande apprezzamento del pubblico.
Cominciò così l’avventura delle “Giaccure stritte”.
Mimino Perrone
(Il seguito della storia nei prossimi giorni su “Spazio aperto Salento”)