Intervento del co-founder & winemaker di “Mandwinery", marchio della Società agricola Manduano
Si sta scrivendo tanto sulla immotivata norma sul consumo di alcolici contenuta nel Piano europeo di lotta contro il cancro. In questo intervento non voglio ripetere ciò che tutti hanno già detto; vorrei condividere, invece, alcune mie considerazioni.
Il vino ha origini antichissime, nei fossili ritrovati nel Caucaso del genere Ampelidee, si conferma l’ipotesi della presenza della vite nel nostro pianeta da 200 milioni di anni. Solo nel Neolitico, quando l’uomo è divenuto stanziale, si è cominciata a coltivare la vite, addomesticandola da Vitis Vinifera Silvestris a Vitis vinifera sativa. Si parla del 4100 a.C.. Nel 2500 a.C. gli Egizi producevano questo nettare che serviva nei riti funebri (viste le qualità inebrianti) a comunicare con i defunti. Nel 1800 a.C. in Mesopotamia nacque un fiorente commercio del vino, poi i fenici, gli etruschi, i greci ed infine i romani.
Nei vari passaggi c’è stato sempre il contributo dell’uomo a riscrivere nelle varie lingue i metodi di vinificazione, ed in tutte le civiltà è stato sempre nutrito grande amore per questa bevanda, tanto che i greci ed i romani avevano delle divinità del vino, vedi Dionisio e Bacco.
Nel Medioevo, dove l’uomo ha vissuto il periodo più buio della storia, si è rischiato di perdere per sempre il patrimonio culturale del vino. Grazie ai monaci ed alla sacralità di questa bevanda usata non solo dal sacerdote, ma da tutta la comunità religiosa durante i riti, i monaci hanno avuto costanza e dedizione a trascrivere tutte le informazioni in lingua latina, permettendoci ancora oggi di conoscere ed apprezzare questa bevanda.
Nella metà dell’800 si è rischiato seriamente di perdere tutto per via della Fillossera, ed anche qui la mano dell’uomo ha salvato la vite ed il vino, l’uomo ha sempre difeso nei tempi questa bevanda.
Il vino è arte, è l’espressione professionale dell’enologo. Il vino è poesia, perché ad ogni assaggio scatena sensazioni bellissime nella nostra mente. Diceva Giacomo Tachis, “bevo il vino e mi perdo nell’immenso”. Il vino è amore, racconta delle storie. Il vino è territorio, grazie ad esso si riesce a far assaggiare a chi si trova all’altro capo del mondo il nostro territorio, il “terroir”. Il vino è scienza, ci sono tanti accademici che hanno donato la loro vita professionale per il vino.
Immaginiamo di trovare scritto sulla cornice di un quadro di Vincent Van Gogh “l’arte nuoce gravemente alla salute” oppure su una poesia di Leopardi “lo studio uccide”, o peggio comunicare che “l’amore uccide”. Ciò che uccide è l’eccesso, è l’andare “oltre” in tutto. Oggi ci sono femminicidi quotidiani, ma chi uccide non è l’amore, è l’ossessione.
Chi mangia tanti dolci sta male, ma lo zucchero è vita per il nostro cervello. Chi mangia molto salato rischia di morire, ma i sali minerali sono fondamentali per il nostro corpo. Allora non è il vino pericoloso, ma l’uomo.
Ora mi chiedo e vi chiedo: dopo millenni di storia, sforzi dell’umanità per salvare questa bevanda, è possibile che un tavolo tecnico possa decidere il futuro del vino? Io non riesco a darmi una risposta.
Giuseppe Colopi
Co-founder & winemaker di “Mandwinery”
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In foto: Giuseppe Colopi