Protagonista un commerciante. L’interessato, difeso dall’avvocato Maria Lucia Pagliara, aveva evaso le imposte sui redditi negli anni 2010, 2011 e 2012. La revoca della sentenza del Tribunale di Lecce è stata disposta dalla Corte d'Appello penale di Lecce
Un errore di trascrizione del numero civico determina la revoca di una sentenza a carico di un commerciante del Nord Salento, condannato a due anni di reclusione per non aver presentato, negli anni 2010, 2011 e 2012, la dichiarazione dei redditi “al fine di evadere le imposte sui redditi”.
A pronunciarsi recentemente su una sentenza del 2019 emessa dal Tribunale di Lecce, è stata la Sezione unica penale della Corte d’Appello di Lecce. Si tratta di una decisione rilevante perché, a seguito della sentenza di primo grado ora revocata, il commerciante, oltre alla condanna a due anni di reclusione con interdizione dai pubblici uffici, era stato destinatario anche di un ordine di confisca di oltre 426mila euro, “ovvero di beni per un valore corrispondente”.
Difensore del commerciante in questa particolare vicenda, l’avvocato Maria Lucia Pagliara di Veglie (in foto). Quest’ultima, dopo aver colto la difformità del numero civico dell’abitazione del suo cliente, erroneamente rilevato dalla carta d’identità regolarmente esibita alle Forze dell’Ordine incaricate di verbalizzare l’elezione del domicilio, ha richiesto alla Corte d’Appello la “rescissione del giudicato”.
Quest’errore di identificazione , ha determinato in seguito la mancata notifica dell’avviso di citazione e, di conseguenza, l’assenza dell’interessato al processo di primo grado che lo riguardava. La sentenza della Corte d’Appello, dunque, si basa sul fatto di aver ritenuto “provato” che l’assenza del commerciante nel corso del giudizio è stata determinata da “una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo”.
“La revoca della sentenza emessa dal Tribunale di Lecce nel 2019 – spiega l’avvocato Pagliara – è scaturita dall’accertamento, rilevato negli atti, di un errore sfuggito sia al giudice del primo grado che ai precedenti legali investiti della vicenda. Da qui la nostra richiesta, depositata presso la Corte d’Appello penale di Lecce, di rescissione dell’intero processo di primo grado, risalente al 2014, con annullamento dell’ordine di confisca e liberazione di tutti i beni di proprietà del commerciante. La Corte d’Appello, accertato quanto segnalato, non poteva fare altro che accogliere in toto le nostre richieste, annullando la sentenza di primo grado ed ogni suo effetto”. (red.)
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