Rubrica - 13 Ott 2024

“All’ombra del bonsai”

Rubrica a cura di don Carmine Canoci


Spazio Aperto Salento

 

“Quante le strade che un uomo farà
E quando fermarsi potrà?
Quanti mari un gabbiano dovrà attraversar
Per giungere e riposar?

Quando tutta la gente del mondo riavrà
Per sempre la sua libertà?
Risposta non c’è, o forse chi lo sa
Caduta nel vento sarà

Quando dal mare un’onda verrà
Che i monti lavare potrà?
Quante volte un uomo dovrà litigare
Sapendo che è inutile odiare?

E poi quante persone dovranno morir
Perché siano troppe a morir?
Risposta non c’è, o forse chi lo sa
Caduta nel vento sarà

Quante le strade che un uomo farà
E quando fermarsi potrà?
Quanti mari un gabbiano dovrà attraversar
Per giungere e riposar?

Quando tutta la gente del mondo riavrà
Per sempre la sua libertà?
Risposta non c’è, o forse chi lo sa
Caduta nel vento sarà

Caduta nel vento sarà
Caduta nel vento sarà ….

Bob Dylan
Blowin in te wind” 1962

                                                                                               

*   *   *   *   *

 

Anni 60, anni 60, quanta nostalgia! Perché non ritornate?

Non per beneficiare del ‘boom economico’. Invero da casa mia allora non c’è proprio passato.

Non per assaporare esperienze di una sorta di nouvelle vague in cui si accedeva con fiori in bocca e pantaloni a bandiera per gli uomini e, ancora non troppo audaci, minigonne per le donne.

Non per un senso di liberazione e indipendenza da perseguire ricorrendo anche a mezzi estremi, da tutto ciò che appariva monolitico nei contenuti e nelle modalità di relazione per esempio: nella scuola, nella politica, nella chiesa, nella moda…

Non per le devianze e deviazioni provocate dall’orda terroristica di quegli anni per colpa della quale ancora oggi c’è chi piange anche senza lacrime.

Nostalgia per cosa allora? Per il forte vento di rinascita e rinnovamento che si faceva sentire in ogni ambito, per un’aria di primavera continua che si respirava. Per un credere e dare fiducia a valori e ideali fino allora rattrappiti in un modus operandi e cogitandi asfittici.

Quanto coinvolgente e contagioso era il bisogno di liberazione senza barriere che invase le strade del mondo anche se, col tempo, bisogna riconoscerlo, ha dato luogo a nuove criticità.

In questi nostri tempi, invece, la voce del richiamo ai valori fondamentali del vivere civile è meno stentorea di allora. Oggi è predominate il relativismo, il soggettivismo che porta a pretendere che qualsiasi verbo, anche il più sgangherato, sia da onorare, ossequiare e divulgare.

Non così allora, prendiamo il tema della pace.

Come non apprezzare l’ansia che prendeva tanti nel reclamare la pace dovunque (famoso il “mettete dei fiori nei vostri cannoni”). La comunicazione ora è, grazie ai media, più popolare ma di qualità non eccelsa, in quei tempi invece era più viscerale con un pathos convinto che lasciava scritto nella mente ciò che veniva trasmesso.

Iconica la poesia-canzone “Blowin in te wind” del 1962 di Bob Dylan (v. citazione), come anche “Imagine” del 1971 di Jonn Lennon. Senza dimenticare lo struggente “I have a dream” del 1963 di Martin Luther King (assassinato per le sue idee nel 1968).

Come restare insensibili di fronte a «Il giorno in cui il potere dell’amore annullerà l’amore del potere, il mondo conoscerà la pace», una delle tante massime di un vero “beato operatore della pace” (cfr. vangelo) che corrisponde al nome di Mahatma Gandhi vissuto alcuni anni prima dei sopracitati e assassinato anche lui nel 1948.

Che poi la pace continua ad essere la grande assente nel globo terrestre è un’altra e drammatica storia.

Anni 60, anni 60, è stato bello, ma non tornate. Grazie per i semi da voi sparsi, un po’ meno per i frutti. Ora abbiamo bisogno di altro!

don carmine canoci