“Pausa” di riflessione sulla Parola a cura di don Carmine Canoci
Dalla liturgia di domenica 31 gennaio 2021
Dal libro del Deuteronòmio 18, 15-20
Mosè parlò al popolo dicendo: «Il Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me. A lui darete ascolto. Avrai così quanto hai chiesto al Signore, tuo Dio, sull’Oreb, il giorno dell’assemblea, dicendo: “Che io non oda più la voce del Signore, mio Dio, e non veda più questo grande fuoco, perché non muoia”. Il Signore mi rispose: “Quello che hanno detto, va bene. Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò. Se qualcuno non ascolterà le parole che egli dirà in mio nome, io gliene domanderò conto. Ma il profeta che avrà la presunzione di dire in mio nome una cosa che io non gli ho comandato di dire, o che parlerà in nome di altri dèi, quel profeta dovrà morire”».
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«Carissimo don,
qualche settimana fa sono stata a messa e come prima lettura è stato proposto un brano del Vecchio Testamento (Dt 18, 15-20). Solo nei giorni successivi ho elaborato un mio pensiero. Forse sembrerà esagerato, me lo auguro, ma lo voglio condividere con te come ho fatto altre volte, anche de visu (oggi diremmo in presenza..). Mi farai sapere che ne pensi.
Bei tempi, riflettevo, quelli, in cui il contatto con Dio era un’esperienza traumatica che assomigliava al fuoco e c’era pericolo di rimanerne scottati.
Oggi quella Parola arriva a noi piuttosto flebile e non provoca particolari emozioni (a meno che possa essere considerata un’emozione la noia…).
Di chi la colpa? Già. Di chi la colpa? A sentir parlare certi preti, non si ricava, di primo acchito, l’impressione che siano stati a contatto col fuoco, anzi viene da sospettare che si siano mantenuti a distanza di sicurezza. Pompieri più che incendiari. Freddi, compassati, saputi, distaccati.
E, anche quando alzano la voce, danno la sensazione di comunicare qualcosa di artefatto. Niente a che vedere col tuono, con la Parola rimbombante, terrificante, tipo quella percepita da Mosè sul monte Oreb (Sinai).
C’è poco da speculare. Gli ammonimenti di Mosè (di Dio) sono severi: sia per i fedeli sia per i predicatori.
“Se qualcuno non ascolterà le parole che egli (il profeta) dirà in mio nome, io gliene chiederò conto”. Mi vengono i brividi al pensiero di quante parole di Dio, che mi sono state trasmesse regolarmente dai suoi portavoce, ho lasciato cadere, magari per disattenzione, o con vari pretesti.
Ma ce n’è anche per i predicatori, i preti: “Il profeta che avrà la presunzione di dire in mio nome una cosa che io non gli ho comandato di dire, o che parlerà in nome di altri dèi, quel profeta dovrà morire“. Ancora altri i brividi. Verrebbe da dire, con Totò: “Madonna! si ce penzo” (“A’ livella”)
Chissà se da qualche parte ci possa essere un grande cimitero degli uomini della Parola, colpevoli di aver parlato in nome proprio, spacciandolo per Parola di Dio: realtà, norme e minacce che non sono mai uscite dalla bocca di Dio.
O che hanno mescolato la Parola di Dio con la politica, il denaro, la prudenza diplomatica, le preoccupazioni organizzativo-pastorali; o responsabili di aver nascosto, sotto il paravento abusivo della Parola di Dio, il proprio orgoglio, la vanità, il moralismo e talvolta perfino le idee più bislacche.
Cimitero a parte, resta il fatto che il profeta può considerarsi defunto, il predicatore estinto, nel momento stesso in cui la Parola di Dio diventa pretesto per qualcos’altro.
Chiudo rivolgendomi a tutti i predicatori: parlate il linguaggio del Vangelo! Per favore, con studio e diligenza preparate l’omelia, non scantonate, non divagate, non andate fuori tema. Vi ascoltiamo a patto che quelle che annunciate siano parole di Dio e non vostre amenità.
… Un caro saluto».
P.S. Ancora non ho risposto… la penna si sterilizza…le dita quasi si atrofizzano…
don carmine